Se avete domande, dubbi, curiosità, richieste di carattere generale in merito a Grande Lombardia e alle tematiche che affronta, questo è il posto giusto per dialogare.
Per cortesia non porre domande personali e usare solamente l’italiano, grazie.
Se avete domande, dubbi, curiosità, richieste di carattere generale in merito a Grande Lombardia e alle tematiche che affronta, questo è il posto giusto per dialogare.
Per cortesia non porre domande personali e usare solamente l’italiano, grazie.
Buongiorno, avevo letto un vostro articolo, in cui affermate che Piemontese, Lombardo e Emiliano, anziché essere tre lingue distinte sono tasselli di un’unica lingua galloromanza, ossia, la lingua lombarda. Infatti volevo chiedervi, dove posso trovare degli studi esclusivamente linguistici che affermano ciò, e che comparano queste tre lingue/varianti lombarde? Vorrei approfondire a livello linguistico questa prospettiva interessante. Tra l’altro molti fattori storici, mi fanno pensare che questa prospettiva sia veritiera, come ad esempio: il senso ampio della parola “Lombardia” (es: Reggio Lombardia > Reggio Emilia), l’origine amministrativa del concetto di Piemonte (nato in quanto erano possedimenti sabaudi ai piedi delle Alpi), o anche alla classificazione delle lingue romanze regionali d’Italia (che al sud è meno frammentata rispetto al Nord, infatti abruzzese, pugliese e campano vengono racchiuse nel concetto di “lingua napoletana”). Se riuscite a consigliarmi o fornirmi dei materiali per approfondire, ve ne sarei grato
Buongiorno. Si tratta sicuramente di un argomento tanto doveroso quanto trascurato dalla linguistica italiana, per motivi che non sono difficili da immaginare. In tal senso recentemente non sono stati fatti degli studi seri approfonditi (ma andrebbero e noi siamo qui anche per questo!), però se pensiamo al fatto che sia per la linguistica italiana che per quella internazionale, le lingue del Nord-Ovest della Repubblica Italiana (assieme al Canton Ticino, e al ligure che per molte sue caratteristiche se ne discosta) vengano categorizzate come gallo-italiche (le quali a volte vengono incluse in quelle italo-romanze, a volte in quelle gallo-romanze, ma sappiamo bene dove vi è l’oggettività e dove la politica), al fatto che fino al Risorgimento, per “Lombardia” venisse intesa la parte continentale dell’attuale Nord Italia per poi restringersi al bacino idrografico del Pò con l’espansione di Venezia nella terraferma, i nodi vengono al pettine. Questo è testimoniato da Dante Aligheri che definiva “lombarde” gran parte delle lingue cisalpine, dal fatto che all’epoca esistesse una koinè linguistica lombardo-veneta ( ne ho parlato in questo mio articolo recente http://www.grandelombardia.org/it/?p=4052) e parlando di fonti molto più recenti anche dal vocabolario milanese-italiano del Banfi del 1857 (che menzioniamo appunto in questo articolo http://www.grandelombardia.org/it/?p=3772 ) in cui i dialetti piemontesi vengono definiti “altolombardi” e quelli emiliani “bassolombardi”, escludendo non solo il veneto, ma anche il ligure/genovese, che come detto sopra anche oggi viene definito “particolare” all’interno dell’insieme degli idiomi gallo-italici. A parte tutto questo va pure preso in considerazione il fatto che tra l’insubrico-orobico, il piemontese e l’emiliano, raramente vi siano confini netti sia linguistici che geografici, ma ampie zone di transizione, pensiamo appunto al Piemonte orientale, all’Emilia occidentale (il piacentino ma anche l’Oltrepò Pavese), e al mantovano. Il che fa chiaramente intendere che si tratti palesemente di un unico continuum linguistico, diviso dall’italiano dalla linea Massa-Senigallia, la quale a sua volta rappresenta il discrimine principale all’interno del mondo linguistico romanzo, se non consideriamo la contrapposizione tra le lingue neolatine dell’Europa occidentale e le lingue balcano-romanze, come il romeno. C’è da dire che vi è il romagnolo, che a differenza del ligure non si discosta in modo così palese dalle altre lingue gallo-italiche, tuttavia la Romagna stessa è sempre stata caratterizzata da un proprio sentimento territoriale che l’ha sempre smarcata dall’Emilia, storicamente ed etno-linguisticamente Lombardia meridionale. Del resto la Romagna deve anche il suo nome, al fatto che pur facendo parte dello spazio geografico cisalpino, non abbia conosciuto una duratura dominazione longobarda. Quindi una volta che si è a conoscenza di questi fatti non è difficile giungere alla conclusione che l’insubrico, il lombardo orientale (che può essere definito transabduano), il piemontese e l’emiliano, essendo idiomi gallo-italici in senso stretto, possono essere definiti delle varianti di un unico continuum linguistico, continuum che per motivi storici e culturali può benissimo essere definito “lombardo”, rispetto al quale il ligure per motivi morfologici e il romagnolo per motivi storici ed identitari, in parte se ne discostano.
Ciao, secondo voi qual è il tasso di meridionalizzazione (includo i centro-italiani) delle regioni del nord italia (dunque escludendo le migrazioni da triveneto ed emilia nel triangolo industriale)?
Dopo aver consultato i dati istat censimento 2011 (limitati ma comunque indicativi se ben interpretati) credo che la valle d’ aosta abbia il tasso più alto (60-70%), il veneto quello più basso (20%).
Grazie
M. M.
Il problema è capire cosa s’intende con “meridionali”. Essendo un fenomeno oramai presente da decenni, bisogna infatti fare il conto con i figli di coppie miste allogeno/indigeno. Per esempio, uno che è mezzo lombardo mezzo suditaliano come lo consideriamo? E invece uno che ha un nonno suditaliano e gli altri 3 nonni lombardi e viceversa? Finché non si definisce questo è impossibile fornire una stima.
Buongiorno,
da orobico e da linguista fai-da-te ho un dubbio in merito alle diverse varianti delle parlate bergamasche: qual è quella più rustica e conservativa? E quale quella più italianeggiante e letteraria?
Grazie in anticipo,
Quella piú italianeggiante è logicamente la parlata cittadina, che ormai da tempo ha perso parecchi tratti tipici del bergamasco finendo influenzata dal veneto prima e dal toscano poi; naturalmente il bergamasco cittadino costituisce anche la koinè letteraria del Bergamasco.
Le parlate piú rustiche e conservative sono tutte quelle valligiane con particolare attenzione al cosiddetto gaí che è il gergo dei pastori bergamaschi e camuni, non proprio una variante vernacolare ma sintomatico di un’arcaicità ormai perduta quasi del tutto in pianura.