Dopo aver tracciato un semplice quadro introduttivo sulla questione linguistica lombarda, procediamo ora all’approfondimento delineando un’essenziale analisi delle lingue attualmente parlate in Lombardia.
Premettiamo che, dal punto di vista accademico, le ricerche effettuate sulle suddette lingue risentono indubbiamente dei numerosi filtri di natura politica che il sistema italiano sviluppa per cercare di sotterrare l’identità lombarda e delle altre popolazioni cisalpine.
Ma lasciando da parte le ragionevoli critiche che si potrebbero muovere a certi linguisti italiani, entriamo nella più interessante trattazione tecnica delineando una visione d’insieme della situazione geolinguistica della Lombardia.
Naturalmente, la principale famiglia linguistica autoctona parlata in Lombardia è il lombardo, che dopotutto sarebbe il gallo-italico “puro” ovvero il galloromanzo cisalpino; sistema linguistico che appartiene alla più grande famiglia delle lingue romanze, ossia lingue sviluppatesi dal latino volgare che era parlato in molte parti dell’immenso impero romano, declinato sulla base dei sostrati prelatini.
Per la precisione, il lombardo fa parte della sottofamiglia delle lingue romanze occidentali, la quale comprende a sua volta il gruppo iberoromanzo e il gruppo galloromanzo. Quest’ultimo è infine suddiviso in sottogruppo settentrionale, sottogruppo occitano e sottogruppo cisalpino (sottogruppo cui il lombardo appartiene, assieme a retoromanzo e veneto).
Giusto per chiarire le idee a chi è poco ferrato in linguistica, ricordiamo a questo punto che l’italiano standard è una variante del toscano, lingua appartenente alla sottofamiglia romanza orientale, la quale comprende il gruppo italo-romanzo e il gruppo balcano-romanzo.
Tale precisazione è da considerarsi doverosa perché moltissimi Lombardi sono tuttora convinti (ovviamente per via della disinformazione portata avanti dallo stato-apparato italiano) che le proprie lingue siano dialetti dell’italiano.
Ma come sarebbe possibile ciò se i due idiomi in realtà non fanno neppure parte della medesima sottofamiglia?
In verità, è sufficiente possedere un minimo senso critico per intuire che pure la linguistica sia stata strumentalizzata per cercare di legittimare uno stato senza Nazione come la Repubblica Italiana nata 70 anni fa.
Chiusa la parentesi sui rapporti tra il toscano e il lombardo, cerchiamo ora di definire lo sviluppo storico e, successivamente, l’estensione della lingua lombarda (lingua intesa come sistema linguistico gallo-italico, si capisce, non essendoci una precisa koiné pan-lombarda).
Durante i secoli della dominazione romana, le popolazioni celtiche che occupavano il bacino imbrifero padano appresero lentamente il latino volgare che veniva quotidianamente parlato dai commercianti e dai legionari.
In seguito, l’invasione longobarda (in misura minore quella gota) arricchì lo scadente latino che parlavano i nostri avi con nuove forme lessicali, sintattiche, grammaticali e fonetiche che, nel giro di qualche secolo, diedero origine alla primitiva lingua lombarda.
A livello scientifico, si usa perciò dire che il lombardo è una lingua romanza occidentale (cisalpina) con sostrato celtico e superstrato longobardo.
Non ci vuole molto a intuire che la definizione linguistica di lombardo è strettamente collegata alla definizione etnica di Lombardi: popolazioni cisalpine di origine celtica su cui si è innestata una certa componente gota ma soprattutto longobarda.
Queste due definizioni fondamentali ci consentono di delineare precisamente i confini linguistici della Lombardia (etnica): piemontese, insubrico, orobico, emiliano sono infatti gli unici idiomi romanzi con sostrato celtico e superstrato longobardo e, di conseguenza, gli idiomi da considerarsi lombardi.
Possiamo perciò rispondere ad alcune delle ingenue domande che spesso riceviamo: perché la Liguria non è Lombardia? Perché la Romagna non è Lombardia? Perché Bologna e Ferrara non sono Lombardia? Perché la Lunigiana non è Lombardia?
Oltre al fatto che il sostrato celtico è presente solo nella lingua ligure e non nell’etnia ligure, bisogna ricordarsi che la Liguria è stata sì conquistata (tardivamente) dai Longobardi, ma il clima avverso alla popolazione germanica fece in modo che non vi fossero insediamenti dei medesimi in tale territorio.
Per quanto riguarda invece la Romagna, sanno anche i polli che deve il suo stesso nome al non essere stata mai conquistata e colonizzata dai Longobardi.
A differenza della vicina Romagna, il Bolognese e il Ferrarese furono sì conquistati da Liutprando nel 727, ma rimasero sotto il dominio longobardo per talmente poco tempo (nemmeno cinquant’anni) da non consentire l’innesto di un superstrato longobardo. E questo anche se bolognese e ferrarese sono certo più gallo-italici del romagnolo, considerando che il ferrarese è prossimo al mantovano e il bolognese è a metà strada tra lombardo e romagnolo.
La Lunigiana ha invece ricevuto un considerevole apporto longobardo sia a livello etnico che linguistico, ma non ha il sostrato etnico celtico (problema speculare alla Romagna). Per tale ragione la vallata apuana non può essere parte della Lombardia etnica.
Per questi motivi dunque considerare i vernacoli romagnoli e liguri come lombardi non sarebbe esatto, però considerando che essi comunque facciano parte appieno del sottogruppo gallo-italico, non sarebbe un errore grossolano considerarli come delle propaggini del sistema linguistico lombardo, anche perchè teniamo comunque a mente che il ligure risente di parecchio degli influssi piemontesi e occitani (un esempio sono le vocali turbate), mentre il romagnolo presenta diverse affinità con i dialetti emilani centro-orientali, così come il ferrarese presenta somiglianze con il mantovano. In poche parole il termine “lingue lombarde” può benissimo essere inteso per “lingue gallo-italiche.
Chi ha visionato attentamente le nostre cartine avrà certamente intuito che la Lombardia etnica che proponiamo non coincide esattamente con la Lombardia linguistica.
In effetti, durante lo studio effettuato in questi anni, si è ritenuto opportuno inglobare nella Lombardia alcuni territori popolati da minoranze linguistiche che per questioni storiche, geografiche e culturali starebbero meglio con noi Lombardi.
Per la precisione, le minoranze linguistiche che, previa loro approvazione, dovrebbero appartenere a un ipotetico organismo politico lombardo sono le seguenti:
– Le sette vallate provenzali delle Alpi occidentali: sebbene non siano state occupate dai Longobardi e siano linguisticamente provenzali, le valli occitane possono per ragioni storiche e geografiche essere parti della Lombardia.
– Le vallate franco-provenzali delle Alpi occidentali: sebbene non siano state occupate dai Longobardi e siano linguisticamente franco-provenzali, le valli arpitane possono per ragioni storiche e geografiche essere parti della Lombardia.
– La fascia ligure al di sopra dello spartiacque appenninico: nonostante parlino dialetti di transizione tra lombardo e ligure, la fascia ligure può per ragioni storiche, geografiche e culturali essere parte della Lombardia.
– Le comunità walser delle Alpi Lepontine: sebbene siano etnicamente, linguisticamente e culturalmente differenti, le comunità walser della Valsesia e dell’Ossola possono per ragioni geografiche essere parte della Lombardia.
Fermo restando che tutte le quattro minoranze etno-linguistiche elencate godrebbero delle opportune forme di tutela necessarie a una giusta autodeterminazione, dovrebbe risultare ovvio come l’appartenenza all’ipotetico organismo politico lombardo rappresenti anche una questione di “comodità” delle minoranze stesse.
Non ci vuole infatti un enorme sforzo logico per intuire che per un abitante di Lanzo è più comodo e meno dispendioso stare sotto la giurisdizione di Torino che sotto quella di Chambéry.
Discorso che vale anche per le altre tre minoranze linguistiche.
Adalbert Ronchee
Pol Sizz
Lissander Cavall