Quando nasce davvero il popolo italiano?

Ogni volta in cui il “regionalista” medio dibatte con il “nazionalista/patriota italiano” riguardo l’esistenza di un unico popolo italiano, spesso e volentieri manca di esattezza dicendogli che l’Italia esisterebbe soltanto dal 1861, al che il fan del Tricolore di solito lo contraddice tirando in ballo l’Italia Augustea. Altri magari menzionerebbero il Regno Italico medievale il quale però aveva una palese trazione tosco-padana (Langobardia Maior docet), il cui territorio in gran parte si sovrapponeva a quello che di solito all’epoca veniva definito “Lombardia” ed il quale solo per un periodo di tempo relativamente breve conobbe l’unità politica.

Quanto all’idioma dantesco, considerato forse come principale collante dell’italianità,  esso avrà anche ricoperto per secoli la funzione di lingua colta sia nell’Italia peninsulare che in Cisalpina, ma oltre ad aver svolto tale funzione spesso e volentieri assieme a degli idiomi locali o ad  altre lingue foreste (come avveniva con il francese in Piemonte), la sua conoscenza era relegata ad un meno del 3 % della popolazione e questa situazione durò per diversi anni, se non decenni, anche dopo l’unità d’Italia. Se parliamo della genetica delle popolazioni, lo dovrebbero sapere anche i sassi che all’interno dello spazio geografico corrispondente oggi alla Repubblica Italiana, la porzione settentrionale sia sempre stata parte integrante dell’Europa occidentale continentale con influssi mitteleuropei sulle Alpi, contrapposta ad un Centro-Sud palesemente tendente al Mediterraneo orientale, e con la parte mediana a sua volta composta da una Toscana che scolora maggiormente nella Cisalpina, ed il resto che risulta più una propaggine settentrionale del Meridione. Tale situazione è facile da notare pure se parliamo di folklore e di linguistica, basti solo pensare alla Linea Massa-Senigallia che stacca noi lombardi dall’Italia peninsulare, Toscana inclusa, accomunandoci maggiormente ai catalani e agli occitani. Ancora oggi sarebbe alquanto forzato definire uno di Sondrio ed uno di Catania come parte dello stesso popolo, figuriamoci dunque secoli fa.

Da ciò possiamo dedurre che anche se in passato il termine “Italia” veniva comunque usato per indicare un determinato spazio geografico o anche una civiltà legata a Roma antica e al Rinascimento,  sarebbe alquanto assurdo intendere tale termine come un qualcosa legato ad un presunto unico popolo dalle Alpi alla Sicilia.

La verità è che la”nazione italiana” per come la conosciamo oggi si è formata non con Ottaviano Augusto e nemmeno con Dante, Garibaldi, la Grande Guerra o Mussolini, ma negli anni ‘60 del secolo scorso. Proprio da allora abbiamo avuto le cosiddette migrazioni interne e la diffusione capillare tramite la televisione, anche tra gli strati medio-bassi della popolazione, del fiorentino classico, più conosciuto come “lingua italiana stardard”…..dalle Alpi alla Sicilia. E’ stato proprio da allora che le culture locali e le lingue “regionali” (soprattutto le nostre, quelle gallo-italiche) iniziarono ad essere abbandonate perchè viste come un peso ed un relitto di un passato da dimenticare e da lasciarsi alle spalle in nome dell’unità e del progresso. E’ stato da allora che si formò l’unico e “potentissimo” collante panitaliano della nazionale azzurra, dal momento che già Churchill notò che il calcio sia l’unico modo per unire gli italiani. In poche parole laddove Mazzini e il regime fascista lasciarono le cose a metà, la Repubblica Partigiana, la televisione e gli Agnelli, bisognosi della forza lavoro a basso costo (ricorda qualcosa?), praticamente portarono a termine l’intento di creare una nazione artificiale debole, voluta a suo tempo dalla massoneria anglo-francese e che ai giorni nostri torna assai comoda ai vari enti sovranazionali. Nazione che appunto si basa sulla negazione dei veri popoli autoctoni, e soprattutto sulla nostra in quanto a lombardi/gallo-italici, basti appunto pensare alle odierne Milano, Torino e Genova.

A questo punto uno potrebbe ribattere affermando che nessuna nazione si formi in modo totalmente naturale, per il fatto che il processo dell’etnogenesi sia legato intrinsecamente al fattore umano, anche se pure la posizione e la conformazione geografica giocano in ciò un ruolo non trascurabile. Tuttavia ha davvero senso parlare della formazione spontanea e quindi sacrosanta di una nazione, quando nel giro di poco più di un secolo viene imposto dall’alto un sentimento nazionale basato su Roma Antica (la quale non era certo una stato nazionale) e la Lingua di Dante, rimuovendo come inutili ostacoli le naturali differenze “interne” che affondano le proprie radici non solo nella divisione politica della cosiddetta Penisola durata per 1500 anni, ma anche nella sua eterogeneità che era già presente pure in epoca preromana ? La formazione davvero spontanea di una nazione di solito avviene nel corso di diversi secoli in maniera graduale sulla base di diverse popolazioni aventi radici comuni (in questo contesto parlare delle comuni radici indoeuropee che accomunavano i galli cisalpini e i magnogreci è un’pò poco). Certo, succede anche che nel corso di tale processo delle popolazioni di ceppo diverso subiscono il rimpiazzo o l’assimilazione, tuttavia è anche vero che le popolazioni in questione abbiano sempre cercato di resistere a tale processo per sopravvivere, a volte anche con successo, mentre in caso contrario queste popolazioni semplicemente sparirono dalla faccia della terra finendo nell’oblio. Nel caso invece dello stato italiano odierno cosa abbiamo? Abbiamo i “sinistroidi” nostrani che considerano le migrazioni “interne” del secolo scorso, con la conseguente meridionalizzazione della Lombardia, come un primo esperimento di una società multirazziale che avrebbe avuto successo, dimostrandosi in questo più coerenti dei vari fascistoidi. Entrambi vedono nell’estirpazione dei “particolarismi” locali (cosa che li accomuna ai mondialisti odierni che ovviamente però ragionano in scala più grande) come un passo necessario per unire l’Italia, anche se non si capisce bene quale sarebbe la necessità di unire un qualcosa che sulla carta sarebbe dovuto esserci fin dal principio.

Parlando con il senno di poi lo stato italiano odierno non ha fatto altro che snaturare la Lombardia rendendola terra di tutti e quindi di nessuno e non ha nemmeno risolto i problemi del Sud Italia, talvolta aggravandoli pure, e facendoli pesare anche sugli altri, creando così una nazione tanto artificiale quanto mediocre che guarda a caso non conta nulla a livello geopolitico (meno di quanto un tempo contavano Genova, Venezia, o anche Amalfi), che dal punto di vista economico si è fatta superare pure da alcuni paesi dell’Est Europa, e che ora per giunta rischia di essere spazzata via dalle “nuove” ondate migratorie ben più esotiche (complice anche la bassa natalità e l’invecchiamento della popolazione che in Italia sono evidenti, pure se la paragoniamo ad altri stati dell’Occidente odierno).

Sta quindi a voi decidere se abbia davvero senso difendere l’unità d’Italia a tutti costi per opporsi alle conseguenze negative della globalizzazione, o se forse sarebbe il caso di andare fino in fondo difendendo innanzitutto i veri popoli autoctoni che compongono la Repubblica Italiana, nel nostro caso i lombardi.

Ed è proprio per il fatto che i lombardi sono ormai una minoranza quasi scomparsa in molte zone della Lombardia,  e proprio per il fatto che pure culturalmente siamo sull’orlo dell’estinzione, che al giorno d’oggi il definirsi lombardo è un atto rivoluzionario.

 

Share Button
Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *