Una delle tante critiche superficiali che vengono mosse a noi in quanto a lombardisti è quella secondo la quale i nostri ideali sarebbero inutili in un mondo globalizzato. A tal proposito una delle domande più ricorrenti che ci vengono fatte è “ma come sperate di creare una Lombardia indipendente quando gran parte, se non la maggioranza degli abitanti del Nord Italia, sono o figli di meridionali o immigrati extraeuropei?” O peggio ancora “ma che senso avrebbe una Lombardia indipendente che ora siamo tutti in Europa e quindi dovremmo pensare a competere con le altre potenze mondiali?”
Di solito chi fa queste domande ignora una cosa fondamentale: per noi lombardisti la creazione di un’etnostato lombardo etnicamente omogeneo non rappresenta tanto un’unico obiettivo fine a se stesso, ma il modo migliore per sopravvivere come entità etno-culturale proprio nel contesto di un mondo globalizzato che ci ha portati ad essere una minoranza nella terra dei nostri Avi. Terra dei nostri Avi a sua volta sempre più ridotta ad essere una distesa di cemento sovrappopolata ed inquinata, che a tratti si avvicina a ricordare ormai non tanto più il Sud Italia, ma il Sudamerica o l’India.
Si può accusarci infinitamente, e non senza un certo fondamento se fatto in buona fede, di porci un obiettivo irrealizzabile. Tuttavia se il famigerato multiculturalismo e il rispetto delle diversità deve necessariamente essere un imperativo morale del mondo moderno, per quale ragione allora anche solo il celebrare le proprie radici e la propria cultura risulta un privilegio tollerato se lo fanno gli immigrati, mentre invece se lo facciamo noi lombardi, allora ecco che sono pronte dietro all’angolo le accuse di razzismo, di secessionismo e di essere dei nostalgici della Lega Nord della “prima ora”? Сiò che troppo spesso non si capisce è che oltre al sacrosanto amore per le nostre radici, è proprio la globalizzazione, con le sue conseguenze negative, prima tra tutte la società multirazziale, a spingerci ad abbracciare l’etnonazionalismo lombardo, perchè ciò che sta accadendo ora, è proprio una diretta conseguenza della sua mancanza.
In altre parole, se tutti gli altri gruppi etnici presenti nella ormai “cosmopolita” Lombardia possono identificarsi in una propria identità collettiva, per quale motivo non possiamo farlo anche noi, che siamo il popolo nativo di questa terra, che per giunta l’ha resa nei secoli tra le più sviluppate e progredite d’Europa se non del mondo? Anche nel caso in cui decidessimo di concepire l’idea di etnostato lombardo come utopia, non sta scritto da nessuna parte che noi dobbiamo per forza accontentarci soltanto della nostra identità individuale, aspirando al massimo di considerarci italiani/europei/occidentali, senza pretendere nulla di più per quieto vivere o per paura di ferire qualcun’altro.
Siamo perfettamente consapevoli del fatto di non essere soli al mondo, ma anche in Europa, e di non poterci isolare dagli altri (per quanto di questi tempi possa essere accattivante l’idea di diventare dei sentinellesi cisalpini), però vogliamo comunque avere un nostro posto in questo mondo, senza il dover scegliere tra l’essere servi, il venire assimilati (da alcuni piuttosto che da altri), o il finire spazzati via. E questo discorso vale anche per coloro che parlano, magari anche in buona fede, di unità europea, come se il volere l’autodeterminazione della Cisalpina negasse a prescindere qualsiasi progetto geopolitico riguardante il Vecchio Continente nel suo insieme. Come se appunto l’Europa fosse sempre stata un blocco indistinto e monolitico e come se la sua stessa essenza e il suo valore non siano legati intrinsecamente anche ai suoi numerosi popoli.